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Counseling Day 2023


 
Lavorano con le emozioni, le potenzialità, sciogliendo nodi e risolvendo piccoli problemi quotidiani delle persone. Non sono psicologi e nemmeno psicoterapeuti: si tratta dei counselor, figure professionali relativamente nuove. Sul numero 8 di Walk on Job abbiamo parlato in un articolo di questa professione e per saperne ancora di più abbiamo intervistato Tommaso Valleri, segretario generale di Assocounseling, associazione di categoria che al momento raggruppa il maggior numero di counselor italiani.

Quanti sono i counselor in Italia?
«Si stimano circa 2500 professionisti, ma siccome il counseling è una professione ancora non regolamentata, bisogna tener conto che ci sono anche persone che si autodefiniscono counselor autonomamente, coloro che seguono un percorso specifico ma affiancano il mestiere del counselor a quello principale di psicologo o assistente sociale, e coloro che esercitano totalmente in nero. Insomma, i numeri van presi con le pinze: non esiste un albo, non è obbligatorio iscriversi a una delle molte associazioni di categoria».

Da quanto tempo il counseling è diffuso nel nostro Paese?
«Il counseling approda in Itali tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 ma non si chiamava ancora così, il termine “spaventava” ed era poco comprensibile. All’epoca si formavano professionisti delle relazioni d’aiuto in senso lato, come operatori socio-psicopedagogici. Dalla seconda metà degli anni ’90 invece si parla di counselor, e dal 18 luglio 2000 il CneL censisce il counselor come figura professionale».

AssoCounseling è oggi l’associazione di categoria maggiore in Italia, coi suoi circa 700 iscritti, ma iscriversi non è vincolante. Che vantaggi offre?
«Assocounseling esiste solo dal 2009 ma è ad oggi molto seguita. Ci occupiamo di rilasciare certificazioni di competenza ai professionisti e ai corsi delle scuole di counseling, definendo i percorsi ufficiali e di qualità. Inoltre agli associati eroghiamo anche servizi di tutela legale e seguiamo le questioni relative al rapporto con l’Ordine degli psicologi».

Appunto: spesso tra counselor e psicologi non scorre buon sangue, c’è una sorta di rivalità…
«Per noi in sostanza si lavora di comune accordo, sono molti gli studi di professionisti che vedono collaborazione tra counselor e psicologi, e allo stesso modo molti psicologi e psicoterapeuti supervisionano i counselor nelle scuole di counseling. Il problema è essenzialmente a livello istituzionale».

La sentenza più recente (10289/2011) del tribunale di Milano cosa dice?
«Di fatto traduce una polemica che va avanti da 18 anni: l’Ordine degli psicologi per molto tempo si è disinteressato ai counselor, ma a un certo punto ha iniziato ad accampare diritti sul counseling, dicendo che il termine non fa che camuffare il counseling psicologico. Questa sentenza, che non è definitiva, ruota intorno all'articolo 21 del codice deontologico degli psicologi sulla possibilità o meno degli psicologi di insegnare a non psicologi l'uso di strumenti tipici della professione. Né l’articolo 21 né questa sentenza entrano però nel merito del counseling, e da nessuna parte si dice che esso sia esercizio abusivo della professione di psicologo. Anche il tribunale di Lucca di recente ha emanato una sentenza in tema di esercizio abusivo della professione…».

Di cosa si tratta?
«Risale al marzo 2010 e, sintetizzata in due parole, dice che il counseling non è consulenza psicologica, il counselor non può essere ritenuto una riserva dello psicologo, e dice che un adulto ha il diritto di occuparsi dei propri disagi tramite i canali che preferisce».

titolo: Professione counselor
autore/curatore: Elisa Di Battista
fonte: Walk on Job
data di pubblicazione: 30/11/2011
tags: counseling professionale, intervista, tommaso valleri, walk on job

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